Giada - Nati Prima

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- Giada -

Ciao a tutti, io sono Giada e vi scrivo la mia storia, quella della mia mamma Marika e del mio papà Cristian per aiutarvi a capire quanto è stato difficile il mio arrivo e i primi mesi della mia vita.
Tutto è iniziato una notte, il 27 ottobre 2008.
La mia mamma aveva una cefalea che non passava con i farmaci ed è stata costretta ad andare in pronto soccorso... i miei genitori pensavano “vedrai ci daranno qualcosa da prendere e poi tutti di nuovo a casa”, ed invece... invece la pressione della mia mamma era leggermente alta e i medici si erano accorti che io non crescevo come dovevo. Hanno deciso di tenerci sotto controllo per un paio di giorni... che poi sono diventate settimane...
A giorni alterni facevano l’ecografia alla mia mamma per controllare la mia crescita e valutare se stavo bene.
I giorni passavano e la paura aumentava: al momento del ricovero io ero solo alla 24° settimana ed ero troppo piccola per uscire dal guscio ma non potevo rimanere ancora molto con la mia mamma perché rischiavo di non farcela. I medici, per darmi qualche possibilità in più, hanno fatto due iniezioni di cortisone alla mia mamma per dare una marcia in più ai miei polmoncini.
I giorni passavano e sia i miei genitori che i miei nonni, i miei parenti e i miei futuri amici erano molto preoccupati: la mamma piangeva e il mio papà le stava sempre vicino.
Il 10 novembre 2008, io ero alla 26° settimana, ancora troppo piccola per superare l’avventura della nascita, ma ormai non si poteva più aspettare: da 2 settimane crescevo troppo poco e la quantità di liquido amniotico era diminuito, indice che io non ero in forma…
Alle 12,00 avvisano la mia mamma che bisognava agire subito, non si più poteva aspettare anche se il rischio era molto alto, talmente alto che potevo morire con una percentuale del 30-35% al momento del parto.
La mia mamma, in lacrime, avvisa subito  il mio papà ed i nonni: inizia un tam tam di telefonate per avvisare tutti i parenti e gli amici più cari.
Il papà arriva appena in tempo e dice alla mamma “tutto andrà bene”, già anche lui era molto preoccupato ma non lo voleva far vedere né a me né alla mia mamma.
Ci portano in sala travaglio dove, fortunatamente arriva uno dei miei tanti angeli custodi, la nostra cuginetta Margi: per la mia mamma è stata una gioia immensa sapere che sarebbe stata durante tutto il tempo in sala operatoria.
Alle 13.59 e 22 secondi sono nata, senza nessuna voglia di piangere e di reagire: mi portano via senza neppure farmi salutare dalla mamma.
Ora inizia una nuova vita per me. Sono piena di aghi, farmaci, tubicini e maschere.
Pesavo 560 gr ed ero lunga 30 cm.
Il mio papà è il primo che mi vede e mi fa subito un foto per portarla alla mia mamma.
I medici dicono ai miei genitori che la strada è tutta in salita, che avrebbero fatto di tutto ma che molto dipendeva da me, da me, una creaturina così piccola con una responsabilità così grande. A volte facevo fatica ad aiutare i dottori: ero troppo stanca, volevo vedere la mia mamma ed il mio papà, avevo paura e mi facevano male gli aghi.
Il 13 novembre la mia mamma viene a trovarmi per la prima volta; io non ero molto in forma. Ero arrivata a pesare 460 gr., non respiravo da sola e avevo preso l'ittero. Avevo sempre un tubo nel naso e quel giorno stavo persino facendo le lampade della fototerapia.
I giorni trascorrevano ed io non riuscivo a reagire, i miei genitori erano molto preoccupati, la glicemia non era stabile, non facevo la cacca, mi facevano le emotrasfusioni e non respiravo da sola.
A volte vedevo i nonni appiccicati al vetro per cercare di vedermi, ma ero così piccina che al massimo scorgevano il mio braccio che si divincolava nella termoculla.
Che emozione il giorno in cui la mamma mi ha presto in braccio! Pesavo 600 gr., ero avvolta da un lenzuolo per non perdere calore e avevo un berretto in testa che mi copriva quasi tutta, ero vicino ai miei genitori come non lo ero mai stata!
I giorni passavano ed la mia situazione era molto altalenante.. i medici e gli infermieri cercavano di farmi respirare da sola, ma io ero cocciuta, persino la fisioterapista che mi faceva dei bellissimi massaggi per imparare a respirare, mi incitava, ma io non ne volevo sapere!
Poi è arrivato il giorno di Natale e come regalo mi hanno concesso 3 ore di marsupio terapia con la mia mamma, e lì vicino anche il mio papà che mi faceva le coccole, tante coccole..
Che bella giornata!
Il tempo passava e ho imparato a conoscere tutte le persone del reparto, ho persino conosciuto tanti amichetti che passano vicino a me, alcuni però non li ho più rivisti nemmeno nella sub intensiva perché sono diventati degli angioletti, i miei cari angioletti.
Un giorno mi sono accorta che si sentivano sempre delle cose che suonavano, poi la mia mamma mi ha detto che erano allarmi, già la mia mamma li conosce bene perché anche lei lavora con i bambini piccoli, ma non piccoli come me…
Insomma gli allarmi suonavano in continuazione ed erano sempre brutti segnali, indicavano che qualcuno di noi  non stava bene, desaturava, non voleva avere tutti quei tubicini che entravano ed uscivano…
Anche il mio papà era diventato bravissimo a riconoscere tutte quelle macchine che circondavano me e i miei amichetti..
Ogni volta che venivano a trovarmi, controllavano ogni cambiamento attorno alla mia termoculla: quanti farmaci stavo prendendo, se la quantità era aumentata, se potevo alimentarmi, se facevo la cacca…
L’unica cosa che mi faceva tanto arrabbiare era che spesso guardavano un monitor pieno di numeri ed onde: frequenza cardiaca, saturazione e frequenza respiratoria, invece di guadare me!
Anche gli infermieri li sgridavano ma era più forte di loro, dovevano controllore che io respirassi a dovere: avevano ragione, avevano tanta paura anche perché ero birichina.
Il 12 gennaio 2009 è, in un certo senso, il mio secondo compleanno.
Il mio papà e la mia mamma arrivano puntuali per entrare in Terapia Intensiva ed invece scoprono che mi avevano spostato nella Sub-Intensiva. Era la notizia più bella da quando sono nata, ora potevo stare con i miei genitori per ben 12 ore!
Pesavo appena 1100 gr ma avevo tanta voglia di vivere e di stare al calduccio dalla mia mamma e papà. Da quel giorno ho iniziato a vedere i nonni, cugini, zii e amici più cari da una grande finestra. Mi vedevano persino mentre facevo il bagnetto... che vergogna!
Piano piano, poi, ho iniziato non solo a respirare da sola ma anche a mangiare senza quel tubicino, ma con il biberon.
Continuavo a migliorare, desaturavo meno ma dovevo fare ancora un po’ di strada e mettere su un po’ di etti prima di poter andare a casa..
Il 7 febbraio 2009 è stato sicuramente il giorno più bello: verso le 12:00 ho salutato le infermiere e i medici e ce ne siamo tornati a casa!
Ricordo che la mia mamma ha pianto tanto di felicità prima di uscire dall’ospedale, il mio papà, invece, sempre così forte non ha fatto trapelare niente, ma io sapevo quanta gioia stava provando...
Eccoci tutti e tre in macchina, il papà alla guida ed io dietro con la mia mamma che mi spiega che quello era il mio primo giro in macchina e che a casa ci aspettavano impazienti i nonni e la nostra cagnolina Nuvola.
Ero tutta avvolta dal mio sacco rosa con il cappuccio con le orecchie: uno piccolo orsacchiotto!
Papà parcheggia la macchina, e di corsa prepara il passeggino dove la mamma mi sistema con la culla...che emozione vederli così indaffarati per me... solo per me.
Varchiamo il portone ed ecco tanti tantissimi palloncini ed uno striscione con tanti fiori e una bellissima frase:
"BENVENUTA GIADA".
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